IMAM Ro.41 |
Alle radici dell'industria aeronautica napoletana c'è senz'altro la IMAM (Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali S.p.A.) fondata nel 1923, ad opera dell'ingegner Nicola Romeo, con sede a Capodichino. Dopo aver prodotto alcuni modelli su licenza Fokker, intraprese la progettazione in proprio di nuovi modelli e si specializzò nella realizzazione di ricognitori, sia per l'aeronautica che per la marina. L'ufficio di progettazione era affidato a Giovanni Galasso, persona molto concreta e rigorosa. Particolarmente notevole fu la realizzazione di tipi che potevano essere catapultati dalle principali unità navali della marina. L'azienda non prese parte alla “corsa ai primati” degli anni '20 e '30.
Al principio degli anni '30, l'azienda propose il biplano da caccia Ro-41, come sostituto dei Fiat CR 20 che stavano raggiungendo il termine della carriera. Il progetto era firmato dall'ing. Giovanni Galasso, come gli altri modelli proposti dalla IMAM in quegli anni. Si trattava di un compatto biplano monoposto con motore radiale ed ala superiore a gabbiano, collegata alla fusoliera. Era realizzato in costruzione mista, come era prassi dell'epoca, con struttura della fusoliera in tubi d'acciaio saldati e rivestimento anteriore in alluminio e posteriore in tela. Le ali erano in legno, lega leggera e tela. Il carrello d'atterraggio era fisso con ruote indipendenti. Era armato con le “classiche” due mitragliatrici Breda-SAFAT da 7.7 mm montate nel muso e sincronizzate con l'elica.
L'aereo fece il suo primo volo nel 1936, all'aeroporto di Capodichino, dimostrando elevate doti di maneggevolezza e velocità di salita. Ad esso seguirono altri due prototipi. La Regia Aeronautica, tuttavia, gli preferì il Fiat CR-32, che era già disponibile e risultava più veloce e meglio armato.
Va in effetti osservato che, sebbene più compatto e leggero del Fiat, il caccia IMAM disponeva di molta meno potenza: circa 400 cavalli vapore del suo radiale Piaggio contro gli oltre 600 del motore in linea Fiat del concorrete. Il caccia Fiat, inoltre, adottava le “nuove” mitragliatrici pesanti da 12.7 mm, che saranno poi la “croce e delizia” dei piloti italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Il piccolo caccia napoletano fu però selezionato come addestratore di secondo livello per gli allievi che provenivano dal Breda BA-20 e dal Caproni 100 (il celebre “caproncino”), andando ad affiancare nelle scuole un certo numero di CR-20 “declassati”. Per meglio adattarsi a questo ruolo, alla versione monoposto fu affiancata una biposto.
Frontespizio del manuale del Ro.41, stampato dalla AVIS |
La produzione proseguì fino al 1943 ed ammontò complessivamente ad oltre 740 esemplari, di cui circa 500 monoposto, realizzati dalla IMAM, dalla AVIS e dalla Agusta. In quegli anni la IMAM era diventata di proprietà del gruppo Breda e arrivarono a lavorarci circa 3000 persone.
Il progetto fu parecchio longevo: ancora nel 1949 alcuni esemplari furono realizzati dalla Agusta e gli ultimi furono radiati dai reparti d'addestramento dell'AM solo nel 1952. Purtroppo, nonostante i successi, nessun esemplare è arrivato integro fino ad oggi. Uno parzialmente ricostruito è conservato al museo dell'Aeronautica di Vigna di Valle.
In Spagna, dove il modello equipaggiò alcuni reparti, operativi e da addestramento, è in via di realizzazione una replica. Il video su YouTube mescola immagini attuali della costruzione con suggestivi spezzoni d'epoca.
In quest'inquadratura lo troviamo in linea con le Frecce Tricolori, al XV anniversario della pattuglia Aguila dell'aeronautica spagnola, nel 2010.
Ro.41 ed MB.339: passato e presente |
Francesco complimenti, ottimo lavoro,
RispondiEliminagrazie, un saluto cordiale,
Giovanni Lancellotti,
Milano
Grazie! È sempre un piacere quando qualcosa che fai con passione viene apprezzato.
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