Un usurato Macchi cobelligerante davanti ad un Bell P.39 "Airacobra" |
L'Aeronautica Sannita nacque nel 1939 per iniziativa dell'Aeronautica Macchi di Varese, rilevando l'attività dell'imprenditore Raffaele De Caterina, che dagli anni '20 si occupava di riparazione di materiale ferroviario e di realizzare componenti meccanici e che stava attraversando un periodo di difficoltà. L'investimento si inquadrava nell'ambito dell'espansione dell'industria aeronautica italiana verso il Meridione, sollecitata dal governo dietro la promessa di sostanziose commesse. Gli stessi anni vedono infatti operazioni di dimensioni assai maggiori, come l'acquisizione della AVIS di Castellammare di Stabia da parte della Caproni e la realizzazione, finanziata dall'IRI del grande complesso industriale (ed abitativo) Alfa Romeo a Pomigliano d'Arco.
I lavori furono rapidi e dopo sei mesi l'azienda era già in attività. L'Aeronautica Sannita aveva sede a Benevento ed operava presso l'aeroporto militare di Olivola. Si occupava di realizzare parti di ricambio per aeroplani ed eseguire la manutenzione di velivoli della Regia Aeronautica, in particolare dei caccia Macchi Mc.200 e bombardieri Savoia Marchetti SM.79. L'azienda arrivò a contare circa 300 dipendenti durante la guerra, nel momento di massima attività.
Sullo stesso aeroporto, nel 1942, facevano il loro apprendistato di aeromodellisti i giovani fratelli Luigi e Giovanni Pascale. Come lo stesso Giovanni racconta, il direttore dell'Aeronautica Sannita, ing. Pozzi, li prese a cuore e fornì loro supporto e materiale.
Macchi Mc.202 alla Scuola Caccia di Benevento, nel 1943 |
I violenti bombardamenti anglo-americani del '43, concentrati sulla zona della Ferrovia, e poi le distruzioni metodiche prodotte dai tedeschi al momento della ritirata inflissero danni pesantissimi alla città di Benevento così come nelle altre provincie della Campania, con ingenti vittime civili, migliaia di persone rimaste senza casa e distruzione degli impianti produttivi. L'Aeronautica Sannita fu tuttavia in grado di riavviare rapidamente le officine. Nel 1944 fu messa sotto il controllo della Forza aerea italiana e della Commissione alleata.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre la Regia Aeronautica si ricostituì al Sud, raccogliendo piloti e macchine rimasti negli aeroporti o fuggiti dalle aree ancora controllate dai nazi-fascisti e decisi a proseguire la guerra. Per sopperire alla carenza di mezzi, fu ordinato all'Aer Sannita di trasformare diversi esemplari in disuso di caccia Macchi Mc.202 "Folgore" nel più potente 205 "Veltro", sfruttando la grande comunanza di parti fra le due macchine. La differenza principale fra i due caccia era il motore, che passava dal Daimler Benz DB.601 al più potente 605. Il lavoro fu condotto in collaborazione con il Servizio Tecnico Caccia. Le cellule e le parti necessarie furono raccolte un po' dappertutto, sugli aeroporti, tra i "202" superstiti e le macchine non più utilizzabili, mentre per i motori si fece ricorso anche ad alcuni Messerschmitt Bf.109 abbandonati dalla Luftwaffe o costretti a terra.
Le macchine realizzate furono poco più di una ventina e all'atto pratico si trattava di ibridi, a volte denominati "Folgeltro". Si individuavano per il ruotino posteriore fisso del "Folgore" al posto del retrattile del "Veltro"; inoltre l'armamento era quello leggero del "Folgore", costituito soltanto da due o quattro mitragliatrici, dal momento che l'ala di questo caccia non poteva accogliere i cannoni Mauser da 20 mm del "Veltro" originale; arma peraltro scarsamente disponibile al Sud. Questi aeroplani, assieme agli sforzi di tanti specialisti, consentirono almeno ad alcuni piloti del Raggruppamento Caccia di Lecce dell'Aeronautica co-belligerante di continuare la guerra con aeroplani di produzione nazionale, invece di dipendere dalle forniture anglo-americane.
Ricostruzione di Macchi Mc.205 co-belligeranti tramite parti recuperate |
Dopo il '45 e la fine delle ostilità l'Aer Sannita si trovò ad affrontare un preoccupante calo delle commesse. Decise di abbandonare il settore aeronautico per dedicarsi alla manutenzione di materiale ferroviario, settore che sembrava offrire maggiori opportunità. Tuttavia anche questo tentativo fallì e l'azienda passò nelle mani della Federconsorzi.
La provincia di Benevento, di fatto, non abbracciò il "boom" economico successivo al dopoguerra, restando tra le meno industrializzate del Paese. Le statistiche ci dicono infatti che al principio degli anni '50 ancora ben oltre il 70% della popolazione era dedito all'agricoltura ed il numero degli addetti all'industria non mostrava segni di crescita nel corso degli anni. La stessa fabbrica di macchine agricole ex-Aer Sannita entrò in crisi dopo pochi anni e fu venduta alla Fiat, che in breve la chiuse licenziando i circa 300 dipendenti.
Sul campo di Olivola, che è rimasto abbandonato per decenni, è attivo da alcuni anni l'aero-club di Benevento.
Fonti
G. Pascale, "Cercherò di raccontare", 1971
Ennio De Simone, Vittoria Ferrandino , "SCRITTI DI STORIA ECONOMICA SANNITA", 2005
Vittoria Ferrandino , "L'economia delle aree interne della Campania dal secondo dopoguerra agli anni recenti "
Senato della Repubblica, VI legislatura, 23 Novembre 1973, "Risposte scritte ad interrogazioni", Fascicolo 43.
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